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La storia della birra in Giappone: giovane, ma dinamica!

La storia della birra in Giappone è relativamente recente. Secondo le ricerche condotte dagli studiosi della storia giapposene, sembra consolidata l’ipotesi che la prima birra sia stata prodotta nel 1853 da Kōmin Kawamoto, dottore di medicina olandese, seguendo la descrizione trovata in un libro olandese.

Le tappe successive della diffusione della bevanda, sono segnate da alcune date importanti:

  • 1870: l’americano William Copeland fonda il Birrificio Spring Valley a Yamate in Yokohama. Nello stesso anno gli Olandesi iniziano a importare birra in Giappone; i primi consumatori sono commercianti stranieri e pescatori.
  • 1872: Shozaburo Shibutani è il primo giapponese a produrre e vendere birra a Osaka.
  • 1876: a Sapporo, Hokkaido, viene aperto il birrificio Kaitakushi, il primo a gestione governativa.

Nel decennio successivo, per la prima volta il quantitativo di birra prodotta nel paese supera l’ammontare di birra importata; gli anni ’90 dell’800 furono caratterizzati da un periodo di prosperità della birra in Giappone, tanto che nel 1901 il governo introdusse la Legge sulla Tassa della Birra per prevenire l’eccessiva competizione domestica, promuovere le esportazioni e concentrare il capitale.

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A partire dal 1915 la birra giapponese gode di una nuova fase di prosperità, grazie ad un generale aumento dei consumi da parte delle popolazioni, diffondendosi in tutta l’Asia.  Il rafforzamento del Proibizionismo negli Stati Uniti, avvenuto a cavallo degli anni ’20, determinò una maggiore importazione di strumenti per la birrificazione in Giappone, con la fondazione di nuovi birrifici di grandi dimensioni. La fase che accompagnò la storia del Giappone tra il termine del primo e secondo conflitto mondiale, segnò un destino negativo per la birra: da un lato il calo delle vendite, dall’altro l’affermarsi di pochi grandi stabilimenti, indusse i governi aporre sotto stretto controllo la produzione e la distribuzione della bevanda, che subì un ridimensionamento drastico dei volumi brassati e  dei consumi.

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Nel 1953 venne istituita la Brewers Association of Japan, che contribuì alla crescita della domanda di birra, tanto che negli anni ’60 per la prima volta la birra superò il sake come bevanda alcolica maggiormente consumata. Nel 1965 dieci nuovi birrifici vennero inaugurati in tutto il Paese e, in dieci anni, l’ammontare di birra prodotta raddoppiò.

Dal dopoguerra fino al 1990 si consolidarono le quattro major del mercato alcolico: Asahi, Sapporo, Suntory e Kirin. Kirin dominava il 61% del mercato; Sapporo era al secondo posto con un distante 20%-25%, seguito da Asahi (9%-13%) e Suntory (5%-9%).  Il mercato interno subì poi un forte scossone a seguito dall’avvio delle autorizzazioni di produzioni di birra di marca straniera all’interno del Giappone stesso.

Un data che ha segnato i tempi della stroria brassicola giapponese è il 1994, quando la legge ridusse la quantità minima di produzione di birra per ottenere la licenza da 2 milioni a 60.000 litri, permettendo così la nascita di numerosi piccoli birrifici regionali.