Parola ai Birrai

Giovanni Rodolfi: il “monaco mancato” del Monastero birrario San Biagio

Un viaggio alla ricerca della migliore Umbria birraria ci porta d’obbligo nel cuore del Parco del Monte Subasio: a poca distanza da Nocera Umbra si trova l’Antico Monastero di San Biagio, senza ombra di dubbio uno dei luoghi di produzione di birre artigianali italiane più suggestivi e incantevoli del nostro Paese.

Il Monastero è inserito come caposaldo dell’azienda agricola omonima di oltre 50 ettari e certificata biologica, ed oggi è riconvertito a struttura produttiva e ricettiva: l’antica canonica, sapientemente ristrutturata, domina la vallata, quasi sospesa in uno spazio senza tempo, dove si rivive l’emozione del contatto con la natura più autentico.

In questo contesto, nel vecchio rimessaggio agricolo, ha sede il Birrificio San Biagio. Qui siamo stati accolti da Giovanni Rodolfi, mastro birrario ed uno dei fautori della nascita del birrificio.

Giovanni, un bergamasco in Umbria: cosa ti ha spinto a trasferirti in questo antico luogo della fede e come è nata la tua passione per la birra?

Alla prima domanda potrei rispondere “l’AMORE”. Perché in questa terra ho conosciuto mia moglie, anche lei bergamasca, e perché in questa terra ho avuto l’opportunità di perseguire la conoscenza di un altro grande Amore della mia vita, la Birra..

La mia passione per la birra nasce, come per molti nel periodo dell’adolescenza, quando con gli amici più intimi si esplora il mondo e si scoprono nuovi mondi. La birra, rispetto ad altre bevande, mi entusiasma a tal punto da spingermi ad entrare in von Wunster (birra bergamasca) che poi verrà acquisita da Stella Artois (al secolo Interbrew), e successivamente,  verrà acquisita da Heineken. Dal 2009 opero nel birrificio San Biagio che dal 2015 ne sono il titolare.

Nel Monastero si coniugano la storia millenaria degli antichi abitanti di questo luogo e la moderna produzione della birra: quale significato pratico e morale assume per te questo connubio?

Domanda articolata e complessa. Provo a rispondere in questo modo: Gli antichi abitanti del monastero sono dalla nostra parte visto che produciamo secondo i dettami dei trappisti; la prima tra tutte: “valorizzare le risorse del territorio”. Ecco che allora l’acqua di Nocera Umbra per noi è un valore aggiunto indissolubile; così come produrre birra a regime agricolo (coltiviamo orzo distico primaverile). Se poi parliamo di  Monasta, la prima birra brassata, andiamo anche a parlare di alloro e miele  come aromatizzati  provenienti dal nostro territorio. Nel nostro processo produttivo siamo poco moderni, anzi molto legati alla tradizione; infatti tutte le nostre birre sono rifermentate in bottiglia, non filtrate e non pastorizzate. Moralmente siamo felici di vedere un antico monastero che ha ripreso a vivere.

Passiamo agli aspetti prettamente tecnici: quali sono le caratteristiche dell’impianto di produzione? E quale la filosofia che contraddistingue il marchio di fabbrica delle birre San Biagio?

Impianto nato nel 2006 che poi ha iniziato a produrre nel 2008. Una piccola fabbrica da 250 litri a ciclo continuo. Ogni fase è rappresentata da un contenitore. Cantina di fermentazione da 150 htl .

La nostra filosofia è semplice, ciò che era importante un tempo lo è anche ora. Acqua in primis , poi ciò che offre il territorio… orzo, miele, alloro, etc. etc. la birra, come per il vino, espressione del territorio.

Gli ingredienti delle tue creazioni: come vengono selezionati? Molto interessante l’uso della camomilla locale, puoi darci qualche informazione in più?

Siamo nati con Monasta, la quale ci ha posto una domanda… ma se fossimo nel 1333 (a.d.dove  abbiamo trovato informazioni storiche dell’antico monastero di San Biagio) quali aromatizzanti avremmo potuto usare? Ecco che la ricerca ci ha portato a conoscere il Gruit (mix di piante usate nel medio evo per aromatizzare le birre) all’interno di questo mix l’alloro. Non solo, l’ultimo abitante di questo luogo è stato Angelino, eremita che curava con rimedi naturali che raccoglieva nel vicino parco del Subasio. Ecco perché l’uso di aromi poco convenzionali come Alloro, Camomilla, luppoli in fiore, etc.

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Il legame tra i monaci e le birra è storicamente molto forte, ma allo stesso tempo l’Italia è patria di uno dei movimenti più dinamici legati alla brassatura artigianale. Come vedi inserita la vostra realtà nello sfaccettato scenario produttivo italiano? Qualche considerazione in più sulle dinamiche del settore?

Il movimento artigianale italiano si colloca in un contesto che è mondiale. In ogni nazione oggi vi sono micro-birrifici. Che parte dal semplice amatore che, grazie alla facilità di comunicazioni e alla semplicità nel reperire materie prime ha iniziato una sua produzione; sino ad arrivare alle aziende che fanno corpo a corpo con i colossi delle multinazionali, questo a portato al record di 33,6 lit./pro-capite  in Italia. Non c’è male…

Nelle 840 realtà censite ci siamo anche noi, e come disse quel tale… che tua sia gazzella o leone non importa. Inizia a correre. Uso questa metafora per dire che oggi veramente la situazione che viviamo è articolata e complessa, devo ringraziare la nuova legge che, per noi sotto i 10.000 hl, ci dà una boccata di ossigeno.

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