Alessandro, Marco e Massimo: i contadini birrai di Cascina Motta!

La birra, come ogni prodotto alimentare, è frutto del lavoro e del sapere dell’uomo, ma in primis della ricchezza della terra e della natura. Anche se oggi la quasi totalità delle birre artigianali italiane vengono prodotte con malti industriali tedeschi o americani e luppoli che arrivano da ogni parte del globo, alcune si distinguono per essere brassate con materie prime coltivate direttamente dal birrificio. Proprio grazie a tali realtà produttive emerge chiaramente il legame stretto ed indissolubile tra la bevanda e l’orzo ed i luppoli da cui deriva, così come dal territorio in cui le materie prime vengono coltivate. Il Birrificio contadino Cascina Motta, in Piemonte, si distingue sulla scena nazionale proprio per questa unicità: è l’unico birrificio inglobato all’interno di un’azienda agricola che produce direttamente tutti i cereali ed il luppolo per le proprie birre, gestendo direttamente nel proprio laboratorio anche la maltazione e la brassatura. Una realtà a filiera 100% aziendale, in cui sono i ritmi della natura, dalla semina dei cereali, alla raccolta del luppolo, a dettare il lavoro in campo prima che in malteria e birrificio, nonché definire la stagionalità delle birre prodotte.

Come spiega Marco Malaspina, che si occupa della gestione agronomica delle colture, riuscire a realizzare la produzione di orzo e cereali idonei alla trasformazione in malto e birra è stata una sfida non facile: “Le difficoltà di conversione alla gestione in agricoltura biologica e la necessità di rivedere i sistemi colturali per le specifiche esigenze tecnologiche dei cereali ad uso maltario ci hanno impegnati in numerose prove di coltivazione, durate sostanzialmente 8 anni. Ora però siamo in grado di coltivare nel migliore dei modi e nel pieno rispetto dell’ambiente, non solo l’orzo distico, ma anche varietà di frumento, segale, avena e riso  che trovano e troveranno in futuro impiego come ingredienti delle nostre birre.  Allo stesso modo, anche avviare la coltivazione del luppolo su una superficie di circa mezzo ettaro è stata una  impresa non di poco conto, ma le piante, ormai al terzo anno di produzione stano fornendo validi risultati, soprattutto per alcune varietà”.

Massimo Prandi,  l’ispiratore e pioniere del progetto, nonché importante cultore del settore birrario in qualità di docente e divulgatore, sottolinea come la scelta della realizzazione completamente aziendale sia stata onerosa non solo in termini di investimenti, ma anche di osticità tecnica. “E’ soprattutto la maltazione a creare difficoltà, ma anche a spingerci ad una continua sperimentazione. Con la nostra malteria da 6 quintali riusciamo comunque ad trasformare direttamente i nostri cereali in una gamma piuttosto variegata di malti, non tutti. In ogni caso, la scelta di voler utilizzare solo ingredienti derivanti dai nostri campi, limitrofi al maltificio e birrificio, se da una parte risulta limitante in termini di stili di birra producibili, è un punto di forza insostituibile e caratterizzante della nostra mission. La nostra birra non la consideriamo, infatti, solo birra artigianale e riteniamo limitante pure il concetto di birra agricola: per questo abbiamo coniato il marchio birra contadina, che vuole proprio rappresentare il legame diretto, unico ed insostituibile che  unisce le nostre produzioni al territorio ed al microclima locali, ed in termini assoluti, ai nostri campi ed al nostro lavoro quotidiano. Una italianità finalmente oggettiva della birra, dettata non solo dal luogo di ultima trasformazione degli ingredienti, ma che abbiamo voluto estremizzare anche reperendo in Italia tutti gli impianti di cui siamo dotati, dai silos di stoccaggio dell’orzo, alla malteria, fino alla imbottigliatrice isobarica”.

Il Mastro birraio, Alessandro Beltrame, formato presso il corso biennale dell’ITS agroalimentare di Torino,  non nasconde l’emozione nel raccontare le sensazioni che si provano a realizzare la birra in una struttura ricavata dalla attenta ristrutturazione di una antica stalla, annessa alla maestosa villa padronale napoleonica, testimonianza di  un radicamento secolare di Cascina Motta nel contesto rurale alessandrino.  “ Produrre birra contadina non è solo il nostro marchio di fabbrica, ma una scelta di vita, una consapevolezza etica, una filosofia produttiva. Un’opportunità, da vivere al costo della consapevolezza di limitazioni. In primo luogo la birra contadina a filiera interamente aziendale non può prescindere dalla variabilità della produzione. Ogni campo di cereale, ogni annata agraria, ogni ciclo di maltazione e ciascuna cotta presentano delle peculiarità che portano ad una costante variabilità del prodotto finito. Variabilità non tipica di molte produzioni di birre artigianali ed agricole, che si avvantaggiano rispettivamente dell’uso in toto o in grande misura – fino al 49% – di materie prime di origine industriale, come i malti, o luppoli provenienti da diversi parti del globo, quindi acquistabili sempre ad immagine e somiglianza di quanto richiesto in ricetta.

Produrre birra in un birrificio contadino significa avere la consapevolezza di non poter brassare tutte le birre che si vorrebbe, o che i consumatori desiderano: il frutto dei nostri campi è l’unica risorsa da cui partire, con uno spettro di potenzialità ampio, ma non enorme, che trova una vasta gamma di possibilità di trasformazioni, pur sempre con le limitazioni tecnologiche che un impianto artigianale impone. Una scelta che fa sì che il primo “operaio” delle nostre produzioni sia la natura.

La scelta grafica e dei nomi delle birre contadine di Cascina Motta colpisce decisamente l’attenzione, focalizzando immediatamente il peculiare ed unico legame con la terra. Le etichette al tatto trasmettono una sensazione particolarmente coinvolgente e calda: sono stampate su una ricercata carta certificata ecologica, realizzata con il 20% di scarti di orzo da birra e con fonti energetiche da energie rinnovalibi. Una scelta eco-friendly, che apre ancora di più la mente a cogliere il sottile messaggio portato dalla scelta dei nomi delle birre e dalle grafiche che arricchiscono le etichette. Alessandro Beltrame, il mastro birraio del Birrificio contadino e ideatore dell’impostazione grafica, spiega: “la scelta dei nomi delle birre è stato un aspetto a lungo ragionato con i soci Marco e Massimo, ma abbiamo condiviso di voler trasmettere attraverso le nostre produzioni il profondo legame della nostra birra contadina con la terra e con la tradizione rurale del territorio piemontese. Abbiamo così pensato di designare ogni birra con il nome dialettale di uno degli attrezzi impiegati per la coltivazione dei cereali dell’epoca dei nostri nonni, quando il lavoro nei campi era la dura realtà quotidiana di tutti”.

Un elemento unico per il settore birrario italiano – e non solo – è la presenza in etichetta dell’annata di raccolta delle materie prime. La scelta di Alessandro e dei soci Marco Malaspina e Massimo Prandi, è, infatti, di valorizzare anche la straordinaria diversità che contraddistingue le produzioni anno dopo anno. Una variabilità che non si può cogliere nelle comuni birre artigianali, così legate ad ingredienti standardizzati e stabili, che tendono a svilire il legame con la natura e con il territorio.

Grazie alla birra contadina si può così scoprire, o meglio riscoprire, come ogni campo di cereale, ogni annata agraria, ogni ciclo di maltazione e ciascuna cotta presentino delle peculiarità che portano ad una costante variabilità del prodotto, così come avveniva per le autentiche birre frutto diretto della Natura e del sapere antico dell’Uomo.

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